Comunicazione non verbale: il linguaggio non verbale “dei segni”
La comunicazione non verbale ha radici antiche: già alcuni filosofi del ‘600 avevano notato come la postura del corpo potesse comunicare le emozioni dell’individuo.
Poi, nel 1980, lo scrittore Graham Greene coniò l’espressione “comunicazione che non fa uso delle parole” per descrivere ciò che oggi chiamiamo linguaggio del corpo, comunicazione corporea o comunicazione dei segni.
Ma ci riferiamo sempre alla stessa cosa: la comunicazione non verbale.
Cos’è? Quali elementi appartengono alla comunicazione non verbale? Quanto è importante sapere il loro significato?
Ne parliamo in questo articolo.
La comunicazione è una dimensione psicologica costitutiva di ogni essere: noi siamo le nostre relazioni e queste sono lo specchio della nostra capacità di comunicare.
Se però provassimo ad andare oltre al classico modello comunicativo (mittente-contenuto-destinatario), scopriremmo che la comunicazione è assai più complessa perché si compone di emozioni, ma anche e soprattutto di “cose non dette”.
Quando avrai letto questo articolo:
- conoscerai le basi della comunicazione non verbale
- saprai riconoscere la tua comunicazione
- sarai in grado di interpretare la comunicazione non verbale altrui
- potresti usarla da subito per comunicare le tue emozioni e rafforzare le tue relazioni
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Comunicazione non verbale
Cos’è e definizione
La comunicazione non verbale (CNV) si riferisce a tutti quegli aspetti di un’interazione che non riguardano strettamente il significato letterale delle parole, ma piuttosto il modo in cui i messaggi vengono trasmessi attraverso il linguaggio del corpo.
Questo tipo di comunicazione, che avviene senza l’uso delle parole, si manifesta attraverso gesti, espressioni facciali e sguardi.
Ma anche movimento del corpo, distanza tra le persone (prossemica), toni della voce (paralinguistica), espressioni del volto (mimica) e tanto altro.
La comunicazione non verbale si realizza dunque attraverso i canali visivi, uditivi e tattili, trasmettendo significati che non richiedono l’utilizzo del linguaggio parlato, ma di “segni”.
Questi costituiscono una parte essenziale del processo comunicativo.
Un segno è composto da due elementi: il significante, ossia l’aspetto percepibile (come un gesto o un’espressione), e il significato, che rappresenta il contenuto concettuale o il messaggio sottostante.
Mentre le parole trasmettono il contenuto esplicito, i segni non verbali arricchiscono la comunicazione aggiungendo sfumature che le parole, da sole, non potrebbero esprimere. Questo può includere emozioni e intenzioni, andando a completare o persino a contraddire il linguaggio verbale.
Ecco perché la comunicazione non verbale ha bisogno di un complesso processo di codifica e decodifica che può avvenire sia a livello consapevole che inconsapevole, aggiungendo così ulteriore profondità all’interazione umana.
Non dimentichiamo che anche i codici culturali condivisi sono fondamentali.
Questi codici rappresentano i significati che variano da una cultura all’altra e ci aiutano a comprendere meglio i messaggi che le parole, il tono di voce e i gesti comunicano solo in parte. Attraverso la conoscenza di questi codici, possiamo interpretare con maggiore precisione ciò che viene realmente comunicato, tenendo conto delle diverse sfumature culturali che potrebbero altrimenti sfuggirci.
Insomma, qui trovi tutta la teoria sulla comunicazione non verbale, ma ricorda di fare sempre attenzione al contesto in cui avviene perché questa, da sola, non basta.
La comunicazione non verbale in Psicologia
Ma cos’è la comunicazione non verbale in Psicologia? Che ruolo ha?
In Psicologia la comunicazione è prima di tutto qualcosa di inevitabile, ma subito dopo è soprattutto relazione.
Insomma, non è possibile comunicare senza in qualche modo creare una relazione, uno scambio e, allo stesso modo, non è possibile non comunicare anche stando in silenzio.
Tutto questo è stato ben riassunto negli anni ‘60 da 5 regole ancora oggi di fondamentale importanza: i 5 assiomi della comunicazione di Watzlawick.
Li puoi approfondire qui.
Paul Watzlawick nella sua “Pragmatica della comunicazione umana” (1967) scrisse per la prima volta le 5 regole base in grado di descrivere ogni comunicazione.
Ne cito solo tre, perché ancora prima di studiare a fondo la comunicazione non verbale erano riuscite ad anticiparne il valore.
“Non si può non comunicare” Paul Watzlawick, 1° Assioma
Non è possibile non avere un comportamento. Anche in assenza di parole comunichiamo ugualmente un messaggio veicolato da alcuni segni o espressioni.
“Ogni comunicazione veicola un contenuto e una relazione” Paul Watzlawick, 2° Assioma
Il secondo assioma della comunicazione evidenzia che ogni messaggio trasmette non solo informazioni (contenuto), ma scambia emozioni e senza che ce ne accorgiamo crea relazione tra gli interlocutori.
“La comunicazione può essere sia analogica che digitale” Paul Watzlawick, 4° Assioma
Per Watzlawick è possibile comunicare sia con le parole (digitale), sia con le espressioni, la voce, i gesti (analogico).
Ora possiamo dire che la comunicazione non verbale, per la Psicologia, non è altro che uno strumento che completa, valorizza e migliora il messaggio che altrimenti sarebbe trasmesso incompleto dalle sole parole.
La comunicazione non verbale è uno dei tre pilastri della comunicazione, che si suddivide in tre tipologie:
- comunicazione verbale
- comunicazione non verbale
- comunicazione paraverbale
Ho scritto un articolo a riguardo che trovi qui.
Ma c’è di più: ognuna di queste tipologie concorre a modo suo al significato e all’interpretazione di un messaggio.
In che “percentuale”?
Lo psicologo e studioso Albert Mehrabian, infatti, tra il 1967 e il 1971 compì alcuni esperimenti in seguito ai quali definì che il 55% di un messaggio sarebbe trasmesso tramite il linguaggio del corpo, il 36% attraverso il tono della voce, e solo il 7% dalle parole.
Successivamente precisò che si trattava di sole stime ma, sebbene questo mito non sia da prendere alla lettera, ci permette di capire l’importanza della comunicazione non verbale per la riuscita di un messaggio.
Sebbene oggi il linguaggio verbale sia predominante, la Psicologia ci ricorda che il non verbale rimane essenziale per:
- rafforzare
- modulare
- chiarire
- regolare le interazioni
- offrire feedback
Gli elementi del linguaggio non verbale
La comunicazione non verbale si articola attraverso tre elementi fondamentali:
- sintassi
- semantica
- pragmatica
La sintassi riguarda la struttura e l’ordine dei segnali non verbali, come gesti ed espressioni facciali. Analogamente alle regole grammaticali del linguaggio verbale, la sintassi non verbale stabilisce come e quando questi segnali devono essere utilizzati per comunicare efficacemente. Ad esempio, un gesto prima di parlare può segnalare apertura, mentre lo stesso gesto fatto dopo può avere un significato diverso.
La semantica analizza il significato dei segni non verbali. Ogni gesto o espressione porta con sé un contenuto concettuale che può variare a seconda del contesto. Un sorriso può esprimere felicità, ironia o disagio, a seconda della situazione, e il suo significato è influenzato dalle circostanze e dalle relazioni tra le persone coinvolte.
Infine la pragmatica esamina come i segnali non verbali sono utilizzati nelle interazioni quotidiane e il loro impatto sulla comunicazione. Anche comportamenti non intenzionali, come il silenzio o l’evitamento dello sguardo, possono trasmettere significati, come imbarazzo o disapprovazione. La pragmatica considera anche come i segnali corporei regolano le dinamiche conversazionali, ad esempio indicando quando è il momento di parlare o ascoltare.
Alcuni di questi elementi che compongono il linguaggio non verbale prendono il nome di “codici”.
I codici sono definiti come insiemi di segnali comunicativi veicolati attraverso mezzi particolari e sono essenziali per comprendere a pieno il significato e le sfumature del nostro interagire quotidiano.
I principali codici della comunicazione non verbale riconosciuti dagli studiosi sono quattro e includono:
- il sistema paralinguistico
- il sistema cinesico
- la prossemica
- l’aptica
Sistema paralinguistico
Il sistema paralinguistico si riferisce agli aspetti vocali della comunicazione che non riguardano il contenuto verbale diretto. Questo include il tono della voce, la frequenza, il ritmo e il silenzio.
- Tono: il tono di voce, determinato dalla frequenza e influenzato da fattori fisiologici e sociali, può variare da grave a acuto e riflette lo stato d’animo o il rango sociale del parlante.
- Frequenza: la frequenza della voce può segnalare diversi livelli di emozione o autorità. Ad esempio, una voce più bassa può indicare sottomissione in una gerarchia sociale.
- Ritmo: il ritmo del discorso, che comprende la velocità e l’uso delle pause, può influenzare la percezione del messaggio. Ritmi lenti e pause strategiche possono conferire solennità, mentre ritmi rapidi possono sembrare più informali o meno ponderati.
- Silenzio: anche il silenzio comunica significati variabili, come accordo, disaccordo, tensione o riflessione. Il contesto sociale e relazionale determina spesso l’interpretazione del silenzio.
Sistema cinesico
Il sistema cinesico riguarda i movimenti del corpo e le espressioni facciali utilizzate per comunicare. Comprende il contatto visivo, le espressioni facciali, la gestualità e la postura.
- Contatto visivo: il contatto visivo può esprimere interesse, sincerità, o sfida. La durata e l’intensità dello sguardo variano in base alla cultura e al contesto.
- Espressioni facciali: le espressioni facciali, come sorrisi o smorfie, sono fondamentali per esprimere emozioni. Secondo Paul Ekman, alcune espressioni universali includono felicità, tristezza, paura, rabbia, sorpresa, disgusto e disprezzo.
- Gesti: i gesti delle mani e del corpo possono accentuare o contraddire le parole. La loro interpretazione varia ampiamente tra culture diverse, come dimostrato in scenari culturali specifici.
- Postura: la postura può indicare stato d’animo, atteggiamento o status sociale. Ad esempio, una postura eretta può suggerire fiducia, mentre una postura curva può esprimere insicurezza.
Prossemica
La prossemica analizza l’uso dello spazio interpersonale e le zone di distanza che regolano le interazioni sociali.
In questo articolo non ho modo di approfondirle quanto meritano, ti basta però sapere che si tratta di deduzioni frutto di una vita di studi ed esperimenti compiuti dall’antropologo Edward T. Hall.
Qui puoi trovare il mio articolo sulla “Prossemica: la comunicazione non verbale del corpo”
Le principali zone prossemiche sono:
- Zona Intima: questa zona, che si estende da 0 a 50 cm, è riservata a familiari stretti e partner. Invasioni di questa zona possono causare disagio.
- Zona Personale: estendendosi da 50 cm a 1 metro, questa zona è per amici e colleghi e permette comunicazioni informali e contatto fisico moderato.
- Zona Sociale: da 1 a 3-4 metri, è destinata a interazioni formali e incontri professionali. Mantiene una distanza sufficiente per evitare confidenze eccessive.
- Zona Pubblica: oltre i 4 metri, è utilizzata per situazioni ufficiali come conferenze o presentazioni, caratterizzata da una distanza elevata e asimmetria tra chi parla e chi ascolta.
Aptica
L’aptica riguarda la comunicazione tramite il contatto fisico. Questa può variare da gesti formali come strette di mano a contatti più informali come abbracci.
- Contatto fisico codificato: include azioni come saluti e strette di mano, che seguono norme culturali e sociali.
- Contatto fisico spontaneo: abbracci e pacche sulla spalla rivelano emozioni e relazioni informali. Le percezioni e le norme riguardo al contatto fisico variano notevolmente tra culture diverse.
Esempi di linguaggio non verbale: 10 gesti da riconoscere
Alcuni gesti, movimenti e posture sono particolarmente ricorrenti e identificabili come indicatori di umori e stati emotivi specifici.
In questo capitolo esamineremo i dieci gesti più diffusi nella comunicazione non verbale e cercheremo di decifrare il loro significato attraverso una lente psicologica e comunicativa.
1) Braccia e gambe incrociate
Le braccia o le gambe incrociate sono tra i gesti più facilmente riconoscibili e diffusi, tanto da essere oggi comunemente interpretati anche dai più giovani come un possibile segnale di chiusura.
L’individuo che incrocia le braccia o le gambe potrebbe voler inconsciamente erigere una barriera tra sé e gli altri, indicando resistenza o disagio rispetto alla situazione o all’argomento trattato. Questa chiusura fisica è spesso accompagnata da una mancanza di apertura mentale o emozionale, segnalando una difficoltà ad accettare nuove idee o punti di vista.
2) Tenere le mani in tasca
Tenere le mani in tasca, soprattutto durante una conversazione, può essere interpretato come un segno di chiusura o riservatezza (io azzarderei che spesso potrebbe comunicare un distacco inteso come maleducazione, mancanza di rispetto e noncuranza).
In alcuni casi, può anche indicare un desiderio di mantenere una certa distanza emotiva o fisica dall’interlocutore, rafforzando una barriera invisibile tra le parti.
3) Toccarsi il viso
Il toccarsi frequentemente il viso, ad esempio accarezzando il mento, sfregando la fronte o toccando le guance, è spesso indicativo di riflessione o incertezza. Psicologicamente, questo gesto può essere un modo per auto-rassicurarsi durante momenti di tensione o imbarazzo. È anche un segnale di disagio che può apparire quando una persona cerca di prendere tempo per rispondere o di mascherare la propria insicurezza.
4) Contatto visivo
Lo sguardo è uno degli strumenti non verbali più diretti e potenti. Mantenere il contatto visivo suggerisce attenzione e interesse, ma può anche veicolare un’intenzione di controllo o sfida, a seconda del contesto. L’evitamento dello sguardo, invece, può essere un segnale di disagio, paura o menzogna. Uno sguardo prolungato e fermo può essere percepito come invadente o dominante, mentre uno sguardo che fluttua e si distoglie frequentemente può suggerire insicurezza o confusione.
5) Sorriso
Il sorriso è un potente strumento di comunicazione, ma la sua autenticità può variare. Uno psicologo, basandosi sugli studi di Duchenne, riconoscerebbe un sorriso autentico dal coinvolgimento dei muscoli orbicolari, che causano la comparsa delle “zampe di gallina” agli angoli degli occhi. Un sorriso sincero è accompagnato da un rilassamento generale del corpo, che indica apertura e piacere. Al contrario, un sorriso forzato è spesso confinato alle sole labbra e può essere accompagnato da tensione muscolare nel resto del viso, rivelando emozioni nascoste o falsità.
6) Sollevare le sopracciglia
Il sollevamento delle sopracciglia è spesso associato a sorpresa, interesse o curiosità. Quando entrambe le sopracciglia si alzano, può indicare stupore o shock, mentre un sollevamento singolo esprime scetticismo o dubbio. Psicologicamente, questo gesto segnala l’attivazione di un meccanismo di attenzione verso qualcosa di inaspettato o insolito.
7) Mordicchiarsi le labbra
Mordicchiarsi le labbra è un gesto che denota tensione emotiva e incertezza. È spesso interpretato come una forma di auto-consolazione simile al rosicchiarsi le unghie, poiché permette all’individuo di scaricare l’ansia accumulata. Psicologicamente, può essere segnale di desiderio o frustrazione non espressa, oltre a indicare un senso di vulnerabilità nel momento presente. È un gesto che richiama l’attenzione sulla bocca, una delle principali vie di espressione, suggerendo un potenziale conflitto interno legato alla comunicazione.
8) Grattarsi la testa
Grattarsi la testa è spesso un segnale di perplessità o incertezza. Questo gesto rappresenta una forma di auto-consolazione che si manifesta quando una persona si trova di fronte a un problema o a una questione che richiede uno sforzo cognitivo. Psicologicamente, può indicare tensione mentale o frustrazione legata all’incapacità di comprendere o risolvere una determinata situazione. È un gesto che esternalizza la fatica mentale e lo sforzo di elaborazione cognitiva.
9) Avvicinarsi o allontanarsi
Nella prossemica, la distanza fisica è un potente indicatore di emozioni e atteggiamenti. Avvicinarsi a una persona suggerisce apertura, intimità o fiducia. Al contrario, allontanarsi o mantenere una distanza può indicare disagio, timore o la necessità di preservare uno spazio personale. La distanza può variare in base al contesto culturale e sociale, riflettendo differenti norme di comfort.
10) Tamburellare o giocare con un oggetto
Giocare con piccoli oggetti (come una penna, un anello o il cellulare) durante una conversazione indica tipicamente nervosismo, ansia o distrazione. Psicologicamente, questo gesto rappresenta una strategia di auto-calmarsi in situazioni di tensione o imbarazzo. Può anche essere un indicatore che la persona non è pienamente concentrata sull’interazione, cercando una fuga mentale dall’ansia attraverso il movimento.
I miei consigli per usare (e interpretare) correttamente la comunicazione non verbale
Saper comunicare efficacemente e con successo significa imparare a gestire il sottile equilibrio tra esprimere ed ascoltare.
Ecco i miei tre consigli più utili per migliorare la propria comunicazione non verbale, e interpretare al meglio quella dei nostri futuri interlocutori.
- Migliora il tuo modo di esprimerti
L’unico segreto per imparare a farlo, è farlo più volte possibile.
Migliora la consapevolezza che hai sulle tue emozioni e tieni sempre a mente il messaggio che vuoi inviare, questo ti aiuterà ad esprimerti con maggior coerenza, chiarezza e sicurezza.
- Migliora la tua capacità di ascolto
Dall’altro lato, poni la tua attenzione sulla comunicazione non verbale del tuo interlocutore.
Ascolta, osserva e, se qualche segnale ti risulta non chiaro, chiedi!
Così da accogliere davvero la totalità dei contenuti e delle emozioni che l’altra persona ti vuole trasmettere.
- Saper comunicare è allenamento, ma anche tecnica
Mantieni viva la tua curiosità, approfondisci e formati con gli strumenti che più si adattano alle tue necessità, al tuo lavoro e alla tua vita.
Ricorda che tutti comunichiamo, ma pochi sanno comunicare bene.
Impara le tecniche efficaci e non rinunciare ad investire nella tua comunicazione, per te e per il benessere delle tue relazioni.